LA CORTE D'APPELLO
    Ha  pronunciato  la  presente  ordinanza  nella causa n. 2365/1992
 r.g., avente per oggetto impugnazione lodo arbitrale,  riservata  per
 la  decisione  all'udienza  collegiale  dell'11 febbraio 1994, tra il
 comune di Napoli in persona del sindaco,  domiciliato  elettoralmente
 in  Napoli  via S. Pasquale a Chiaia, 55 presso l'avv. Ugo Iaccarino,
 dal quale e' rappresentato e difeso per procura a  margine  dell'atto
 introduttivo,  attore,  e  la  S.p.a.  "I.G.A.P."  con sede legale in
 Milano via Giuliani 2, domiciliata  elettoralmente  in  Napoli  viale
 Gramsci,14,  presso  l'avv.  Maurizio  D'Albora, che la rappresenta e
 difende unitamente all'avv. Stefano  Varvesi  di  Roma,  per  procura
 speciale  autenticata  dal Notaio Roncoroni di Milano il 15 settembre
 1992 rep. n. 92714, convenuta;
    Visti gli atti processuali;
                             O S S E R V A
                                   I
    Il comune di Napoli con la convenzione  in  data  28  agosto  1987
 confermo' per nove anni alla societa' I.G.A.P., ai sensi dell'art. 44
 del  d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, l'affidamento in concessione del
 servizio delle pubbliche affissioni e di accertamento  e  riscossione
 dell'imposta comunale sulla pubblicita' e dei diritti sulle pubbliche
 affissioni.
    L'aggio  dovuto  alla  concessionaria  venne  fissato nel 39,45% a
 decorrere dalla data in cui la convenzione  stessa  sarebbe  divenuta
 esecutiva  e  in  quella  del 43,29% a decorrere dal 1 gennaio 1988 a
 condizione che - nelle more - il servizio fosse stato  potenziato  in
 conformita' al progetto di meccanizzazione.
    L'introito minimo annuo garantito al Comune venne infine stabilito
 in L. 2.100.000.000.
                                  II
    Entrato  in  vigore  il d.l. 31 agosto 1987, n. 359 convertito in
 legge 26 ottobre 1987 n. 460 (che all'art. 18 - dopo avere  stabilito
 aumenti dell'imposta - prevedeva la revisione dell'aggio e del minimo
 garantito),  non  essendosi  le  parti  accordate  sulla misura della
 riduzione dell'aggio, il Comune - ai  sensi  del  terzo  comma  della
 citata  disposizione  -  adi'  la  commissione intendentizia prevista
 dall'art. 1 del r.d.l. 25 gennaio 1931, n. 36, convertito in legge 9
 aprile 1931 n. 460, la quale pronuncio' il lodo 9 novembre 1991  reso
 esecutivo col decreto del pretore di Napoli del 7 febbraio 1992.
                                  III
    Con l'atto notificato il 4 settembre 1992 il comune l'ha impugnato
 dinanzi  a questa Corte per violazione e falsa applicazione del d.l.
 n. 359/1987 e per nullita' ai sensi dell'art. 829  del  c.p.c.  primo
 comma  n.  4 e secondo comma, dopo avere - altresi' - adi'to la Corte
 di cassazione, ai sensi del secondo comma dell'art. 1  del  r.-d.  n.
 36/1931.
    L'I.G.A.P.  ha  a  sua  volta  proposto  impugnazione  incidentale
 sostenendo il difetto assoluto della potestas indicandi della  citata
 commissione,   trattandosi  nella  specie  non  di  arbitrato  ma  di
 arbitraggio (con la conseguente impossibilita' di dar corso in questa
 sede alla fase rescissoria). Ha tuttavia  precisato  che  il  ricorso
 all'art.   828   del  c.p.c.  si  rendeva  necessario  in  quanto  la
 dichiarazione pretorile di esecutivita' non consentiva altro  rimedio
 per rimuovere il provvedimento.
                                  IV
    Nelle more della decisione la Corte costituzionale, colla sentenza
 n.   49   del  9-23  febbraio  1994  ha  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 26, settimo comma del d.l. 7  maggio  1980,
 n.  153  convertito  nella legge 7 luglio 1980, n. 299 (che demandava
 alla medesima commissione arbitrale le controversie sorte  a  seguito
 di  mancato  accordo  sulle misure dell'aggio, del minimo garantito e
 del canone fisso nei contratti in corso all'epoca, ossia tipologie di
 controversie fra cui rientra quella in esame),  sul  presupposto  che
 tale  disposizione, introducendo una forma di arbitrato obbligatorio,
 confliggeva con gli artt. 24 e 102 della Costituzione.
                                   V
    Cio' impone al collegio di rimettere al giudizio della Corte anche
 l'identica  disposizione in base alla quale - nel caso di specie - e'
 stata adi'ta la commissione intendentizia.
                                  VI
    La  questione  e'  rilevante  nel  procedimento  perche',  ove  si
 aderisse  alla  tesi  della  convenuta,  secondo  cui il ricorso alla
 predetta commissione configurerebbe un'ipotesi di  arbitraggio  (tesi
 enunciata  da  cass.  n.  425/1972  la  quale  innovo'  al precedente
 indirizzo - sancito da  S.U.  14  luglio  1960,  n.  1923  -  che  vi
 individuava  un  procedimento  di giurisdizione speciale), allo stato
 attuale della  giurisprudenza  ne  deriverebbe,  contrariamente  alle
 richieste  sostanzialmente  concordi  delle  parti,  la  declaratoria
 d'inammissibilita' dell'impugnazione ex art. 828 del c.p.c., Difatti,
 con  due  recenti  decisioni  (2931/1991  e  11.761/1992),   riferite
 all'arbitrato   irrituale   e   alla   perizia  contrattuale,  quindi
 estensibili -  a  maggior  ragione  -  all'arbitraggio,  il  s.c.  ha
 stabilito  che  il  deposito  del  responso  e il conseguente decreto
 pretorile non valgono a dar vita ad una  sentenza  arbitrale  e  che,
 pertanto, non e' ammissibile l'impugnazione ex art. 828 del c.p.c. ma
 solo  un'azione  per  eventuali  vizi  del  negozio  da  proporre con
 l'osservanza delle norme ordinarie sulla competenza, col rispetto del
 doppio grado del giudizio.
    E'    evidente,    invece,    che     l'eventuale     declaratoria
 d'incostituzionalita'  della  norma  per  i motivi suindicati avrebbe
 l'effetto di ricondurre  l'azione  nell'ambito  dell'impugnazione  di
 nullita'  della  sentenza  arbitrale  e  consentire poi alla Corte di
 esaminare la controversia sotto il profilo della  potestas  iudicandi
 del collegio arbitrale.